Riproponiamo integralmente il recente articolo del Prof. Flavio Felice, docente di Storia delle Dottrine politiche all’Università del Molise, apparso sul Il Foglio del 27 febbraio, sottolineando due passaggi:
il primo: “è sempre il retroterra culturale a rappresentare il presupposto e il limite dei nostri sistemi economici” cioè, come ogni teoria demo-etnica-antropologica suggerisce, è il modello sociale che modella quello economico e non il contrario. (rimandiamo ad altro momento un approfondimento in tal senso).
Il secondo: “chrony capitalism o rentier capitalism”. Qui vogliamo dare una breve spiegazione di questi termini: “crony capitalism” è stato coniato nel 1980 da Jiame Ongpin, Ministro delle finanze filippino per descrivere la crisi dei regimi asiatici, in particolare della dittatura di Marcos. Indica una collusione tra gli operatori del mercato (le grandi imprese) e gli esponenti del governo. “Cronies” indica gli amici da lungo tempo. Non si tratta di corruzione in senso stretto, ma della tendenza a favorire gli “amici” attraverso un’attività legislativa ad hoc, quindi eludendo le regole di domanda e offerta del mercato più o meno libero.
“rentier capitalism” indica, in senso lato, i guadagni da rendita di posizione. Nasce dalla creazione di ricchezza derivante dall’affitto (rent) di beni naturali, come i terreni o, all’epoca, le colonie o da privilegi artificiali quali i brevetti.
Sottende quindi ad una forma di economia che non investe in fattori della produzione e che preclude i regimi di perfetta competizione.
Buona lettura.
Image credit: Barbara Kelley from https://www.hoover.org
————————
Papa Francesco e l’Ecologia integrale – L’enciclica che nega la retorica anti liberale e anti mercato così in voga di Flavio Felice
Il fil rouge che lega le parti del discorso di Papa Francesco nell’enciclica Fratelli tutti è il “paradigma della fraternità”. Con il presente articolo non si intende offrire un’interpretazione del documento: chiunque può farlo da sé. L’auspicio è che possa servire sia a chi si occupa di scienze sociali sia ai teologi, affinché si sentano reciprocamente interpellati.
Tra i lemmi di tale paradigma annoveriamo una serie di virtù che dicono la concretezza delle realtà sociali nelle quali tanto la libertà quanto l’uguaglianza possono trovare una puntuale realizzazione sia nell’azione delle singole persone sia mediante la “via istituzionale”. È il retroterra culturale che ispira l’azione umana e qualifica il carattere inclusivo ovvero estrattivo delle nostre istituzioni ed è sempre il retroterra culturale a rappresentare il presupposto e il limite dei nostri sistemi economici e politici. In continuità con il magistero sociale di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI e in sintonia con i padri dell’economia sociale di mercato, potremmo sintetizzare: c’è sempre qualcosa oltre l’offerta e la domanda.
È precisamente su questa lunghezza d’onda che appare sintonizzarsi il discorso di Papa Francesco allorché sottolinea come «il modo migliore per dominare e avanzare senza limiti è seminare la mancanza di speranza e suscitare la sfiducia costante» (FT, 15). Sembra che il Papa colga il carattere di uno dei fenomeni più evidenti con i quali si manifestano oggi le cosiddette “democrazie illiberali”: la chiusura all’altro, la paura per il diverso, la ricerca costante del capro espiatorio. Le “democrazie illiberali” sono quegli assetti istituzionali che formalmente accolgono alcuni aspetti della tradizione democratica, pur rifiutando i caposaldi della teoria politica liberale, orgoglio e tesoro inestimabile della cultura politica occidentale: rule of law, diritti della persona, economia di mercato, libertà, uguaglianza, sovranità popolare, rappresentanza, separazione dei poteri.
In nome della legittima paura del futuro, dell’angoscia che sgorga anche dall’eccezionalità del momento storico, Papa Francesco sottolinea come non manchino esempi di sistemi politici che ormai da tempo hanno innescato un meccanismo di esasperazione, favorendo la divisione, la polarizzazione, l’odio reciproco, la sistematica menzogna. È questo un frangente della storia minacciato dalla pandemia e dalla crescente povertà che sta interessando anche il ceto medio, quegli strati della società che fino ad oggi hanno goduto di un relativo benessere e che con il loro duro lavoro, la loro creatività, le loro imprese, hanno contribuito ad edificare una società piuttosto inclusiva, almeno se paragonata ai sistemi autoritari e corrotti dell’America Latina, dell’Africa e di una parte del continente asiatico.
Il meccanismo denunciato da Papa Francesco svela il modo in cui il ricorso alla pratica della “democrazia illiberale” finisca per impoverire il tessuto umano della società, consegnandoci un’idea di politica disincarnata e ridotta ad una dimensione scheletrica. In questa dimensione trovano fortuna gli aspiranti capi popolo, gli imbonitori che vendono illusioni a basso prezzo, gli odiatori seriali e i detrattori delle istituzioni liberali, ritenute ormai un inciampo intollerabile all’inesorabile ascesa dei vendicatori dell’immancabile capro espiatorio.
In molti paesi dove la “democrazia liberale” langue, a vantaggio del cosiddetto chrony capitalism o rentier capitalism fatto di autoritarismo, di sistematica corruzione e di economia di monopolio che impediscono al principio di concorrenza di promuovere inclusione sociale, come ad esempio in America Latina e in quegli Stati che provengono dall’esperienza del totalitarismo socialista, prevale una cultura politica che ridicolizza la dimensione culturale del mercato, derubricando la questione ambientale ad una mera sostenibilità dell’ambiente fisico, negligendo la sua dimensione umana integrale; e sono questi i casi in cui un’economia può realmente “uccidere”. Tutto ciò riteniamo che rappresenti uno dei caratteri più significativi dei sistemi economici di tipo corporativistico, statalistico, familistico, monopolistico e crediamo che incontri la preoccupazione di Papa Francesco, consapevole com’è che una cultura ambientale così umanamente povera rischi di scoprirsi nuda e vuota, fino a risultare incapace di perseguire un qualsiasi progetto comune e di risultare impotente di fronte alla minaccia reale che il disastro ambientale possa tradursi in concreta minaccia alla pace degli uomini.
—————————–